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Nel caso specifico i legali rappresentanti delle imprese che componevano il raggruppamento temporaneo secondo classificato, oltre ad altre presunte irregolarità, avevano rilevato alcuni errori nella giustificazione delle singole voci di costo fornite dall’aggiudicatario in sede di verifica dell’anomalia (compreso il mancato computo dei costi di rimborso della pubblicazione del disciplinare).
Questi errori avrebbe comportato un aumento del costo complessivo dell'offerta tale da modificare la graduatoria e far perdere all'aggiudicataria il primo posto.
In via preliminare i Giudici hanno ribadito che, la finalità nella valutazione di serietà e attendibilità dell'offerta, nel quale si esprime il giudizio di anomalia, “non è volta ad accertare se l'offerta è corretta nei valori espressi dai proponenti, ma se sia in sé sostenibile, cioè se gli errori nel computo di alcuni elementi economici dell'offerta siano in grado di erodere quella soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala”.
Quindi, proprio per ricondurre l’analisi dell’anomalia alle proprie finalità, “al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico”.
Il ricorso è stato quindi respinto, poiché le imprese ricorrenti si sono limitate a segnalare errori di calcolo nella giustificazione di singole voci dell’offerta desumendo automaticamente che ciò avrebbe dovuto comportare un aumento del prezzo offerto, senza però aver “dato prova dell’anomalia dell’offerta nel suo complesso”, cioè la sua insostenibilità dal punto di vista economico per la perdita del margine di guadagno previsto.